Description
Poco dopo l’alba i cart iniziano a muoversi. Persone e mezzi lavorano ogni mattina nel campo da golf. Il terreno su cui si muovono è esteticamente e tecnicamente curato. Il nitore con cui gli americani definiscono paesaggisticamente alcuni punti del loro vasto territorio è legato all’affermazione dell’essere. In fondo meccanicamente integrato nell’essere. È in qualche modo inverno, sull’erba tracciati di pneumatici rivelano la rugiada. Rapidamente il sole si alza e scalda tutto. I cart si muovono a ondate: tagliano, rasano, soffiano, fertilizzano e rifiniscono fra ronzio di motori elettrici e insonorizzazione di motori a scoppio.
I lavoratori sono in divisa azzurro e blu. Presto i cart dei giocatori colorati invadono. Gli altri si ritirano. Il paesaggio è frequentato da questi due popoli e vietato a chiunque altro. Li ho osservati e fotografati per qualche anno. Spesso dallo stesso punto al secondo piano di un gated condo, da un balcone racchiuso in una rete anti-mosquitos. La lente della macchina fotografica reagisce alla fitta rete con immagini distorte: una certa eco nei contorni, stelle sui riflessi, bagliori sui bianchi…
Ma è il punto di vista leggermente elevato a rendere il tutto un gioco di omini e macchinine in un paesaggio curato. Un plastico. Lavoratori e golfisti giocano la stessa partita. Brandiscono curiose, cavalleresche, impossibili armi. Possibile, invece, giocare a dio con il potere di fermare nel naturale e mortale silenzio della fotografia l’inesorabile ripetitività dei gesti, sottolineare l’inutile e persa direzione del loro sguardo, immergerli nello spazio più vasto in cui il gioco di omini e macchinine si realizza: lo sfondo stellare di questo tutto.
Fondi stellari © STScI
